La Rivista Sicurezza e scienze sociali intende promuovere un’analisi critica ed attuale sui processi concernenti la devianza nelle sue numerose implicazioni, le forme che la criminalità – organizzata e non – assume, le vittime del crimine e dell’ingiustizia sociale, la giustizia ed i suoi “effetti” sul sociale, la sicurezza dei consociati; e ciò partendo dal presupposto che nell’era della globalizzazione tali questioni assumano inevitabilmente nuova complessità e debbano, pertanto, di necessità essere affrontate secondo un’ottica comparata. Ciò significa altresì riconoscere come le conseguenze di simili dinamiche si espandano inevitabilmente verso molteplici – e sempre diverse – direzioni, non potendo prescindere dal versante internazionale, oltre che da quello nazionale, nelle ricerche e nelle riflessioni prodotte in materia.

Se in passato l’attenzione si incentrava prevalentemente sull’analisi dei fattori di rischio, oggi preminente interesse deve essere rivolto a quelli che definiamo fattori di vulnerabilità e sostenibilità, divenendo questi ultimi concetti gli elementi capaci di produrre un cambiamento di prospettiva volto a produrre un’interpretazione più coerente, ed approfondita, delle dinamiche in atto. Dinamiche che, non va dimenticato, concernono in ogni caso la società nel suo insieme: così la singola persona, la collettività, ma anche le associazioni, le organizzazioni e le istituzioni che la compongono e la edificano nel tempo e nello spazio.  

Come è evidente, i riflessi di questi processi assumono significatività e valore sia in termini culturali che operativi; pertanto la Rivista si avvale dei contributi dei massimi studiosi e ricercatori interessati all’ambito criminologico e vittimologico, del diritto e della giustizia, dell’economia e delle politiche sociali, della psicologia sociale e dell’antropologia culturale. Al contempo, essa è rivolta a tutti coloro che si formano e operano in tali settori, volendo rappresentare un momento di confronto e di partecipazione sempre aperto al dibattito.

In tale prospettiva, le aree oggetto di interesse e di studio sono quelle concernenti:

v  la CRIMINOLOGIA che, nella sua multidisciplinarietà, ha per oggetto lo studio dell’eziologia della criminalità al fine di elaborare strategie di controllo e prevenzione. Tradizionalmente essa viene distinta secondo indirizzi: il filone di studi bio-antropologico, (di lontana e ottocentesca ascendenza lombrosiana), che cerca di stabilire connessioni fra l’atto criminale e le anomalie biologiche, cromosomiche o istintuali dell’individuo che pone in essere un divenuto criminale; l’approccio psicologico e psichiatrico, che considera l’atto criminale come estremo prodotto di una patologia intervenuta nel deformare, interrompere o inibire il normale equilibrio vitale; ed infine l’approccio socio-ambientale, che si sviluppa attorno alla visione del deviante come individuo nel contesto sociale, sulla cui azione importanti riflessi sono generati proprio dall’ambiente sociale.

v  la DEVIANZA, indicando con questo termine in sociologia quei comportamenti o espressioni individuali che la maggioranza dei membri di una collettività considera non conformi alle norme, valori o credenze reputate come legittime. La relatività di tale concetto è conditio sine qua non per una sua interpretazione euristica: essenziale all’elaborazione del suo significato è dunque il riferimento alla presenza di una determinata società dotata di un apparato di norme (diritto) poiché non esiste devianza in sé, ma solamente “definizioni sociali” di ciò che è un atto conforme o deviante. La devianza si presenta pertanto come un fatto sociale per eccellenza, che rimanda a molteplici situazioni pratiche ed a numerose interpretazioni teoriche. Dal punto di vista sociologico, inoltre, un comportamento deviante non è solo quello che non è conforme alle norme, ma soprattutto quello che provoca le “reazioni sociali” da parte del gruppo che ha imposto tali norme.

v  il DIRITTO, muovendo dall’osservazione di uno scenario penalistico sempre più scosso da movimenti che ne minano alla base alcuni consolidati pilastri sistematici “classici”, ed inoltre dal riscontro di un legislatore sempre più distante dalle “reali” esigenze di giustizia provenienti dalla società civile, oltreché ostinatamente refrattario ad accogliere le istanze virtuose tipiche di una “buona” politica-criminale. Il rischio è dunque quello di un sistema penale che si rifiuta di “comprendere” il crimine, confondendone continuamente cause ed effetti, finendo per intervenire tracciando traiettorie “simboliche” se non, in certi casi, addirittura illiberali. Appare dunque evidente la necessità di un approccio giuridico alla “gestione” della criminalità aperto al dialogo con le scienze empirico-sociali, in un contesto di collaborazione interdisciplinare. Approccio che viene continuamente rimesso in questione anche dal susseguirsi delle evoluzioni delle tecnologie informatiche.

v  la GIUSTIZIA, da intendersi quale aderenza ad un codice che regola i comportamenti in una comunità umana; azione per la promozione della sicurezza e del benessere degli individui, del riconoscimento della loro dignità umana attraverso interventi equi e leali da parte delle istituzioni. In tal senso essa si configura come impegno volto alla rimozione dei fattori di discriminazioni nell’ambito altresì della salute, delle abilità cognitive, dei legami affettivi, dell’auto-determinazione. Col termine “giustizia” pertanto si fa riferimento a quella rinnovata attenzione alle conseguenze sociali del sistema che regola le sanzioni necessarie per riparare alla violazione di una norma, ma anche alle modalità con cui le maggiori istituzioni politiche e sociali distribuiscono i diritti ed i doveri fondamentali e determinano i vantaggi della cooperazione sociale. In tal senso giustizia è la regolazione dei rapporti tra le persone e tra le persone e la società. La rivista rivolge lo sguardo anche ai nuovi modelli di giustizia, come per esempio il campo della giustizia riparativa e della mediazione penale.

v  la SICUREZZA e il CONTROLLO SOCIALE che, nell’ambito delle scienze umane, rimandano agli oggetti d’analisi maggiormente investigati, poiché ricompresi tra i bisogni fondamentali dell’individuo, la cui soddisfazione è precedente e funzionale a molti altri. L’attenzione è qui rivolta a tutti quegli eventi di portata generale (trasformazioni fisico-sociali, forme di controllo sociale formale ed informale, relazione tra la società civile ed il mondo istituzionale), in grado di influenzare e determinare la dimensione della sicurezza sociale contemporanea, intesa quale insieme di condizioni materiali, percezioni, rappresentazioni individuali e collettive che consentono a un soggetto di avere la convinzione di essere in grado di affrontare, adeguatamente, una potenziale minaccia. La prospettiva sociologica si occupa di sicurezza ponendo la propria attenzione soprattutto sui problemi e sui meccanismi di ordine e di controllo sociale.

la VITTIMOLOGIA, quale disciplina avente ad oggetto le vittime di reato, di abusi di potere, dell’ingiustizia sociale, dei processi di marginalizzazione. Tre gli orientamenti attorno ai quali si sono concentrati i principali contributi sul tema: la vittimologia criminale (o positivista), la vittimologia generale (radicale e umanistica) ed, infine, la vittimologia clinica. Essa opera a livello teorico ed eziologico, ricercando le cause che hanno condotto all’evento dannoso - e fra queste includendo il possibile ruolo svolto dalla vittima; a livello operativo, promuovendo il piano della prevenzione e dell’intervento, così da limitare l’instaurarsi di situazioni vittimizzanti, in particolare per le fasce più vulnerabili e a rischio della popolazione. Infine, a livello di spendibilità dei risultati, essa concorre all’elaborazione e alla predisposizione di strumenti atti a diffondere la conoscenza delle dinamiche dei processi di vittimizzazione presso la collettività, rendendola destinataria della riflessione prodotta.